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Wiebke Fastenrath
Vinattieri |
Sulle tracce del primo
Neoclassicismo.
Il viaggio del principe ereditario Friedrich Christian di Sassonia
in Italia (1738-1740)[*]
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Abstract |
Vom 13. Mai 1738 bis
zum 7. September 1740 befindet sich der sächsische Kurprinz Friedrich
Christian (1722-1764) auf seiner Italienreise. Sein eigenhändig
geschriebenes Reisejournal, sowie die Berichte seines Tutors geben
einen tiefen Einblick in das aktuelle Kunstgeschehen in Rom. Friedrich
Christian wird durch die Fürsorge der Kardinäle Alessandro
und Annibale Albani mit der intellektuellen Elite und mit den namhaftesten
in Rom wirkenden Künstlern sowie mit der Kunst Raphaels und der
bolognesisch-römischen Barock-Klassizisten bekannt beziehungsweise
vertraut gemacht. In der römischen Akademie der Arkadier und
in der Académie de France kommt er mit dem Ideal der Simplizität
und der ‘Nachahmung’ der Antike in Berührung. Auf
seinem Rückweg von Rom nach Venedig ist hierfür der Aufenthalt
bei Scipione Maffei in Verona bezeichnend. In Venedig schließlich
kann im besonderen Friedrich Christians Kenntnis von der Inventarisation
des dortigen ‘Statuario Pubblico’, der ehemaligen Antikensammlung
in der Antisala der Bibliothek von San Marco verzeichnet werden. Friedrich
Christian kehrte mit diesen neuen Eindrücken nach Dresden zurück,
wo Anton Raphael Mengs seine Karriere als Künstler begann und
ein paar Jahre später sich Johann Joachim Winckelmann aufhielt.
Unter der Obhut des Kardinals Alessandro Albani sollten Mengs und
Winckelmann dann in Rom die malerische und theoretische Grundlage
für den Klassizismus schaffen. |
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fig. 1a fig.
1b fig.
1c |
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<1>
Quando all’età di sedici anni il principe ereditario
Friedrich Christian di Sassonia il 12 maggio 1738 iniziò il
suo viaggio alla volta dell’Italia, viaggio che si protrasse
poi fino al 7 settembre del 1740, poteva ormai contar in proposito
su una tradizione della sua famiglia, che già in precedenza
era stata attratta dalle meraviglie di questo paese. [1]
Il viaggio di Friedrich Christian mostra però, rispetto a quelli
dei suoi predecessori, un carattere, per così dire, più
programmatico e cioè con spiccati intenti politico-ecclesiastici,
di erudizione personale e di formazione estetica. La meta del suo
viaggio fu esclusivamente l’Italia. Sappiamo dai primi diari
del giovane che già precocemente, e fino alla sua partenza,
egli fu istruito in modo piuttosto ampio nell’architettura,
nel disegno e nella pittura dall’architetto di corte Zacharias
Longuelune, che era un esponente dello stile barocco classicheggiante
di scuola francese. [2] Di questo
periodo si sono conservati due libri di disegni di soggetto figurativo
eseguite dal principino, che aveva tredici anni quando regalò
al padre, nel 1735, in occasione del suo trentanovesimo compleanno,
il primo di questi volumi contenente 95 schizzi a sanguigna. (fig.
1 a-c) Questo ed anche il secondo, che porta la data del 1736, seguono
esattamente il modello dei primi due libri dell’opera di Johann
Daniel Preißler (1666-1737), intitolata “Die durch Theorie
erfundene Practic, oder Gründlich verfaßte Reguln deren
man sich als einer Anleitung zu berühmter Künstlere Zeichen-Wercken
bestens bedienen kan”, che consta di tre volumi. [3]
(fig. 2 a-b) |
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fig. 2a fig.
2b |
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<2>
Preißler, un pittore che aveva soggiornato tra il 1688 ed il
1696 a Venezia e a Roma, nel 1704 era stato nominato direttore dell’Accademia
di Belle Arti di Norimberga e aveva qui fondato, nel 1716, una scuola
civica di disegno per la formazione di artigiani e artisti. [4]
E proprio a fini didattici egli preparò, tra il 1721 e il 1725,
la predetta opera, che inizia col disegno dell’orecchio e dell’occhio
umano per passare poi – sempre illustrando un metodo in tre
passi – al corpo umano ritratto in diverse posizioni; il terzo
volume, che consiste in bellisime incisioni di figure di natura religiosa
e mitologica e che si prefiggeva di insegnare il trattamento dei tessuti
e l’uso della luce e dell’ombra nella modulazione delle
figure, probabilmente non fu più oggetto di studio da parte
del principe. Questa formazione giovanile costituisce un elemento
importante per determinare la capacità del principe di formarsi
giudizi propri sull’arte e mostra l’interessante fatto
che il suo insegnante francese, che certo conosceva i metodi formativi
seguiti all’Académie Royale di Parigi, preferì
seguire la tradizione accademica di Norimberga, che era stata iniziata
nel 1675 da Joachim von Sandrart. Sui metodi dell’accademia
di Dresda, che esisteva già dal 1697, sappiamo poco; nondimeno,
poiché essa si trovò dal 1727 al 1748 sotto la direzione
del primo pittore di corte Louis de Silvestre, un allievo di Charles
Le Brun, è lecito supporre che la formazione seguisse i principi
dell’accademia francese. [5] |
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<3>
Con riferimento al 16 marzo 1738 Friedrich Christian annota sul diario:
“J’apris le meme soir l’agreable nouvelle que S.M.
le Roi m’avoit donné la permission d’aller voyager
en Italie et de commoncer ce voyage en accompagnant La Reine Epouse
jusqu’ a Naples.” Segue poi un breve elenco delle persone
che dovevano stare più vicine al principe durante il viaggio:
al primo posto si trova il Grand Maître Comte de Wackerbath-Salmour;
seguono poi il Chambellan Comte de Brühl (Hans Moritz), il Gentilhomme
de la Chambre Rosowosowski, il Confesseur R. P. Breindl, il Secretaire
Pallavicini, il Medecin Violante, il Cassier Klinckicht e i deux Pages
Wilkonski e C. Salmour. [6]
Di questo viaggio si è conservato il cosiddetto Journal du
voyage, in tre volumi, scritto di propria mano dal principe in lingua
francese. (fig. 3) Esso si trova nell’Archivio di Stato Principale
della Sassonia, a Dresda e, non essendo stato mai pubblicato, è
stato finora poco studiato. [7]In
questo archivio si trovano anche tutti i rapporti che il Conte Wackerbarth-Salmour
spedì durante il viaggio a Varsavia e a Dresda al Re Augusto
III o, per essere più precisi, al suo ministro, Conte Heinrich
von Brühl. [8] |
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fig. 3 |
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Il soggiorno del
principe a Roma |
<4>
Il principe iniziò il suo viaggio assieme alla sorella Maria
Amalia, che doveva andare sposa a Carlo III, re delle due Sicilie
accompagnandola fino a Napoli. Il viaggio ebbe un carattere ufficiale,
come ci testimoniano i tanti atti di omaggio da loro ricevuti in tutte
le parti d’Italia. Dopo la permanenza a Napoli e le cure ad
Ischia per lenire i gravi dolori di cui soffriva alla colonna vertebrale
e che gli paralizzavano quasi le gambe, Friedrich Christian arrivò
a Roma il 19 novembre 1738. [9]
Egli giunse di notte da porta S. Giovanni e notò subito con
interesse la facciata di S. Giovanni in Laterano e le antichità
romane; passò quindi dal Colosseo, per giungere poi a palazzo
Albani, presso S. Carlo alle Quattro Fontane, dove alloggiò
quasi per un anno, fino al 3 ottobre 1739, ospite dei cardinali Annibale
e Alessandro Albani. [10]
Legami tra la corte di Sassonia e Annibale Albani esistevano almeno
dal 1710, anno in cui Augusto il Forte, divenuto poi Augusto II, re
di Polonia, fu spinto dalla ragion di Stato a fare convertire al cattolicesimo
suo figlio Friedrich August II, divenuto poi Augusto III di Polonia
e padre di Friedrich Christian, per rendere possibile la sua successione
al trono polacco. [11]
La permanenza di Friedrich Christian in questo palazzo, sotto la protezione
della famiglia Albani, ebbe una grande influenza su di lui: non solo
perché potè ammirare le importanti collezioni di quadri
da loro possedute, tra cui figuravano alcuni Raffaello e numerose
tele e disegni di pittori del ‘500 e ‘600, fra i quali
quelli della scuola bolognese come Annibale Carracci, Domenichino,
Guido Reni, e di seguaci di Andrea Sacchi, come Carlo Maratta; [12]
ma anche perchè ebbe modo di conoscere le ricche collezioni
di antichità, i disegni di architettura e la grande biblioteca
di Alessandro Albani. [13]
E furono certamente anche gli Albani che gli resero possibile l’accesso
ai circoli culturali di Roma e agli ambienti ecclesiastici, e segnatamente,
a causa di Annibale Albani, a quelli gesuitici. |
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<5>
Dal 'Journal du voyage' sappiamo che in Friedrich Christian si sviluppò
un notevole interesse per l’archeologia classica e che perciò
si fece leggere dal segretario Pallavicini descrizioni delle antichità
da poco ritrovate a Portici ed inventariò personalmente dei
piccoli reperti antichi, che erano stati acquistati dal suo Grand
Maître Joseph Anton Gabaleon, Conte di Wackerbath-Salmour. [14]
Dal tipografo e libraio Girolamo Mainardi di Urbino, che era allora
attivo in Roma, particolarmente per conto del Vaticano, ricevette
un dono nel dicembre del 1738, per sè stesso e per i suoi familiari,
cinque esemplari di un’opera a lui dedicata, intitolata 'Picturae
antiquae Cryptarum Romanarum et Sepulchri Nasonum', [15]
che finora non è stato possibile trovare. Oltre alle visite
più tipiche, come quella al Belvedere del Palazzo Vaticano
ed al Campidoglio - a proposito della quale ricorda il museo delle
statue antiche che papa Clemente XII aveva qui da poco realizzato
- vide anche diverse ville, fra cui Villa Medici, dove ammirò
in modo particolare alcune statue antiche; e Villa Borghese, dove
erano raccolte anche statue moderne. [16]
L’interesse e la curiosità di Friedrich Christian non
si limitavano però all’antichità classica, ma
si estendevano più in generale a tutti gli studi antiquarii,
come avremo modo di vedere in seguito. |
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<6>
Il 21 dicembre del 1738 Annibale Albani gli regalò 18 volumi,
contenenti le incisioni di tutte le cose più notevoli delle
Roma antica e moderna (si trattava probabilmente di volumi costituiti
da incisioni rilegate, che potevano in gran parte provenire dallo
stampatore De’ Rossi, allora famoso in Roma e che aveva una
grandissima produzione di questo genere). [17]
Da questo dono – che in ragione del momento in cui fu fatto
non può essere considerato come un semplice ricordo di Roma
per un ospite che parte – si può presumere che Friedrich
Christian dovesse essersi formato una grande conoscenza dell’arte
romana; conoscenza da cui doveva iniziare per Dresda un nuovo sviluppo
artistico. Questa formazione culturale del principe fu in larga parte
guidata: così ad esempio si può notare, anche se in
linea con la sua profonda religiosità, un suo grande interesse
per l’architettura e l’arte sacra ed in particolare per
quelle gesuitiche, sicuramente incoraggiato dagli ambienti ecclesiastici
che lo circondavano. Ed anche la sua ammirazione per la pittura del
classicismo barocco, confermataci più di una volta –
sia per Domenichino, di cui descrive in dettaglio gli affreschi di
Grottaferrata che per Andrea Sacchi, che stima uno dei più
grandi pittori moderni, o per Maratta, che considera un personaggio-chiave
della pittura romana recente e che non manca di nominare a proposito
della sua visita al Duomo di Siena – fa presumere una influenza
su di lui dei fratelli Albani. [18]
Ambedue cardinali, erano infatti grandi mecenati e conoscitori finissimi
dell’arte dei loro tempi. |
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<7>
Era divenuta usanza che un principe, nel corso del suo Grand Tour,
si facesse ritrarre; e così fece anche Friedrich Christian,
con la differenza che nel suo caso non si trattò semplicemente
del poter disporre di un ritratto come piacevole ricordo del viaggio,
da conservare e da mostrare in seguito; ma quello divenne più
che altro un modo di documentare i nuovi sviluppi stilistici di Roma
e di possedere un’opera degli artisti prescelti, in vista di
possibili commissioni o di un incarico alla corte. [19]
Come risulta da precise annotazioni in proposito sul 'Journal', per
il ritratto di Friedrich Christian furono scelti tre artisti: lo scultore
romano Pietro Bracci, il pittore marchigiano Sebastiano Ceccarini
ed il pittore francese Pierre Subleyras, che dei tre era fino ad ora
l’unico noto come ritrattista del giovane. Viene spontaneo chiedersi
per quale ragione siano stati scelti proprio quei tre e non altri. |
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<8>
Iniziando a parlare di Pietro Bracci, che secondo il 'Journal' cominciò
a fare un modello di Friedrich Christian in creta già il 31
dicembre 1738, [20]
si deve purtroppo constatare che non si hanno più notizie nè
del modello nè dell’opera finale. Dal 'Journal' risulta
che Friedrich Christian fece diverse sedute per l’artista e
che il modello era stato completato con soddisfazione di entrambi,
modello che doveva essere poi - secondo l’indicazione del principe
- scolpito in marmo per il Camerlengo Cardinale Annibale Albani. [21]
In quegli anni Pietro Bracci era uno dei primi scultori di Roma: aveva
infatti realizzato vari rilievi per il vestibolo della nuova facciata
di S. Giovanni in Laterano e per la cappella Corsini, consacrata ad
Andrea Corsini, nella stessa chiesa. Ambedue, facciata e cappella,
furono costruite tra il 1732 ed il 1735, sotto l’egida dell’allora
pontefice Clemente XII Corsini, dall’architetto fiorentino Alessandro
Galilei. Questi, partendo dal 'Classicismo barocco' della facciata,
giunse ad uno stile pressochè Neoclassico nella cappella (fig.
4), che presenta colori delicati come il rosa, il violetto leggero
e l’azzurognolo sfumato, combinati con marmi e stucchi bianchi
e con dorature che danno al tutto una certa opulenza. |
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fig. 4 |
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<9>
La particolarità di questa cappella consiste nella sua preziosa
‘semplicità’ e nella sua composizione stilisticamente
conseguente in ogni dettaglio. L’architettura, arricchita da
sculture e rilievi, mostra una riproposizione di moduli stilistici
antichi, mutuati sia dall’elaborazione teorica dell’Alberti,
che dallo studio di reperti archeologici originali. [22]
Nelle forme e nella scelta del materiale è documentato un desiderio
di eternità assoluta. Dal 'Journal' di Friedrich Christian
sappiamo che egli visitò la cappella in questione il 20 novembre
e che gli piacque molto: "è di una grande magnificenza”
– dice – , e stava con questo suo giudizio in netta contrapposizione
con alcuni degli suoi contemporanei, che trovavano la cappella “minuta
e secca”, come lo definisce ad esempio Francesco Valesio. [23]
Dell’edificazione della cappella si occupò il cardinale
Neri Corsini, nipote del Papa, a cui Friedrich Christian fece ripetute
visite nel corso del suo soggiorno romano. [24]
Quello possedeva una ricca e celebre collezione di quadri –
di cui Friedrich Christian stimò bellissime le pitture di Raffaello
e della sua scuola – e delle notevoli raccolte di statue antiche,
oggi alla Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini.
In palazzo Corsini alloggiava dal 1732 lo studioso fiorentino Giovanni
Gaetano Bottari, che vi seppe creare un punto d’incontro di
uomini di cultura e di studiosi dell’antichità. [25]
Furono questi, tra gli altri, gli ambienti in cui nacquero le nuove
idee a proposito della bellezza, della semplicità e della limpidezza
stilistica degli antichi. |
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fig. 5 |
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<10>
Pietro Bracci, presente nella cappella col suo rilievo del 'Miracolo
di Sant’Andrea Corsini' (1732), riprende in modo evidente queste
idee, infatti l’opera riflette il suo interesse per i rilievi
antichi romani del periodo classico. La scena rappresentata, infatti,
consta di poche figure poste in una successione ben distinta di piani.
(fig. 5) Bracci aveva assunto, nella sua formazione, un influsso marattesco
e aveva lavorato sotto il caposcuola Camillo Rusconi. Era inoltre
uno dei più colti scultori di Roma. Aveva infatti studiato
Lettere presso i Gesuiti, ed era dal 1724 membro dell’Arcadia
col nome di Gilisio Niddano; [26]
Accademia della quale avremo ancora modo di parlare in seguito. Bracci
fu anche incaricato del restauro di sculture e monumenti antichi ed
ebbe così l’opportunità di conoscere Alessandro
Albani, per conto del quale restaurò, nel 1734, la celebre
statua dell’Antinoo Capitolino. Il monumento funebre del cardinale
Fabrizio Paolucci, nella chiesa di S. Marcello al Corso, in Roma,
che Bracci realizzò nel 1726, mostra già una tendenza
dell’artista al Neoclassicismo, come ci testimoniano l’eleganza
e la semplicità dell’opera, nonchè la sobrietà
di colore dei marmi, caratteristiche a quei tempi ancora ignote; ed
è evidente in esso il riferimento ai monumenti funebri di Raffaello
nella cappella Chigi. (fig. 6) [27]
Di questa opera di Bracci esisteva un’incisione nel Gabinetto
reale dei disegni e delle stampe di Dresda, probabilmente portatavi
da Friedrich Christian al ritorno dal suo viaggio. [28] |
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fig. 6 |
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<11>
Il principe seguì con interesse anche la realizzazione della
grande opera che l’artista, dal 1736, stava facendo per conto
della città di Roma e per cui fu molto celebrato dai suoi contemporanei.
Si trattava della statua in bronzo di papa Clemente XII, che, come
dice Friedrich Christian nel suo diario, doveva essere collocata nel
museo del Campidoglio, di fronte alla statua di Innocenzo X, opera
dello scultore Alessandro Algardi. (fig. 7) Per questo motivo, il
27 settembre 1739, il principe visitò la fonderia di Francesco
Giardoni ed impressionato dall’opera, che purtroppo è
andata perduta, portò a Dresda, per il padre, un’incisione,
realizzata da Rocco Pozzi, raffigurante il modello fattone dal Bracci
nel 1735. [29] Sempre
a testimonianza del grande interesse di Friedrich Christian per gli
artisti a lui contemporanei possiamo ricordare come egli, proprio
all’inizio del suo soggiorno romano, visitasse il cantiere della
Fontana di Trevi per la quale, in seguito, proprio il Bracci eseguì
il gruppo principale del Nettuno, secondo i disegni di Nicola Salvi,
un architetto che, assieme al Galilei e a Ferdinando Fuga, progettava
con uno stile che si muoveva decisamente verso il Neoclassicismo.
[30] Per dare almeno
un’ idea dello stile dello scultore e delle sue capacità
come ritrattista, riporto a corredo del testo, delle riproduzioni
fotografiche del busto del cardinale Fabrizio Paolucci (fig. 8) nella
chiesa dei Santi Giovanni e Paolo in Roma, risalente al 1725, e di
quello dell’abate Marucelli (fig. 9), che si trova nella Biblioteca
Marucelliana di Firenze e che è del 1749. Entrambi denotano
una grande capacità tecnica ed una certa predilezione per la
semplicità. Il busto di Firenze mostra una maggiore linearità
del tratto. Bracci terminò il 22 gennaio 1739 il modello del
busto del principe che, come scrisse Friedrich Christian stesso, gli
“assomigliò tutto affatto”e lo soddisfece pienamente.
Si può supporre, per analogia con le sculture in fotografia,
che il busto avesse in sè ancora tratti caratteristici del
tardo Barocco, ma già temperati da una rilevante tendenza ad
una classica severità, indice della ricerca di nuove possibilità. |
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fig. 7 fig.
8 fig.
9 |
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<12>
Il 23 gennaio 1739 venne poi, su indicazione di Annibale Albani, il
turno di Sebastiano Ceccarini (1703-1783). [31]
Il pittore, nato a Fano, era stato prima un allievo e poi un collaboratore
di Francesco Mancini (1679-1758), anch’egli oriundo dalle Marche
e precisamente di Sant’Angelo in Vado. Mancini fu influenzato
nella sua formazione dal classicismo dei pittori bolognesi, soprattutto
di Annibale Carracci; e dagli ideali di ‘grazia’ del Correggio.
A Roma poi, dove l’artista si recò nel 1724, venne in
contatto con l’opera dell’ultimo Maratta e della sua cerchia
ed ebbe modo di porre a confronto con essa gli influssi della scuola
veneta da lui ricevuti attraverso Francesco Trevisani; per mostrarne
lo stile viene qui riportato il suo quadro 'Cristo in Gloria con i
santi Clemente e Ignazio d’Antiochia', del 1732 / 33, che si
trovava nella cappella Albani della chiesa di San Francesco ad Urbino.
(fig. 10) [32] Nel
'Journal' è registrata, in data 30 aprile 1739, una visita
di Friedrich Christian all’atelier del Mancini, dove il principe
vide un’opera che Alessandro Albani gli aveva commissionato
e che, secondo quanto ci dice Wackerbarth-Salmour, rappresentava l’
”Apoteosi di Alessandro Magno avanti di Giove Ammone”.
Purtroppo finora non è stato possibile ritrovare traccia di
questo dipinto. [33] |
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fig. 10 |
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<13>
Ad ogni modo il pittore fu molto apprezzato da Friedrich Christian,
che lo definì “il certamente più renomato che
c’è in questo momento a Roma”. [34]
Il Mancini e il Ceccarini erano altrettanto stimati da Papa Clemente
XII, dagli alti prelati e dalla nobiltà romana. Ceccarini,
che aveva assimilato lo stile del Domenichino, del Reni e del Maratta,
direttamente e per tramite del Mancini (fig. 11), attorno al 1735
venne a conoscenza, a Venezia, della maniera di Rosalba Carriera.
Dopo il 1740, egli si orientò verso pittori come Pompeo Batoni
e Pierre Subleyras, che lo portarono verso il Neoclassicismo, per
anticipare, infine, in alcuni ritratti, lo stile di Anton Raphael
Mengs. [35] Del ritratto
di Friedrich Christian, purtroppo, non è rimasta traccia alcuna,
ma, per dare un’idea dello stile del pittore fra la fine degli
anni trenta e la metà degli anni quaranta, che è contraddistinto
da un Neoclassicismo in nuce avvolto da un’aura Rococò,
vengono qui riportati il ritratto dell’abate camaldolese Francesco
Zaghis, fatto nel 1739 a Venezia (fig. 12) e un quadro raffigurante
l’Allegoria dei Cinque Sensi, del 1745. (fig. 13) La loro differenza
di stile è dovuta certamente anche al diverso soggetto e si
può partire da questa considerazione per supporre che il ritratto
del principe ereditario di Sassonia dovesse mostrare una solennità
che ben si prestava a portare i segni di questa nuova tendenza stilistica. |
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fig. 11 fig.
12 fig.
13 |
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<14>
Pierre Subleyras, nato nel 1699 a Saint-Gilles-du Gard, fu il ritrattista
cui Friedrich Christian, in linea con l’opinione del suo Grand
Maître, conte di Wackerbarth-Salmour, dette maggiore importanza.
Questa preferenza può desumersi dal fatto che il pittore fece
ben tre ritratti del principe e che gli fu inoltre proposto un incarico
presso la corte di Dresda, come risulta da un promemoria, scritto
dal Ciambellano Hans Moritz di Brühl, fratello minore del noto
Primo Ministro Heinrich, conte di Brühl, e pubblicato da Steffi
Roettgen. [36] Subleyras,
che compì la sua formazione presso un allievo di Maratta, il
francese Antoine Rivalz, dall’autunno 1728 fu a Roma come borsista
dell’Accademia di Francia, che lasciò poi nel 1735, dedicandosi
in modo particolare ai generi del ritratto e della pittura storica.
Nel 1739 sposò la miniaturista Maria Felice Tibaldi, figlia
di Giovanni Battista Tibaldi, che era musicista presso la Curia romana.
La Tibaldi aveva, oltre a indiscutibili capacità artistiche
personali, anche buone conoscenze nel clero romano. Così Subleyras
fu probabilmente raccomandato al principe da Annibale Albani, di cui
godeva i favori. Uno dei suoi più grandi protettori fu però
il cardinale Silvio Valenti Gonzaga, per intercessione del quale fu
scelto in seguito per ritrarre il nuovo papa Benedetto XIV. [37] |
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<15>
Qualificato nel 'Journal' come "fameux", Subleyras iniziò
il suo lavoro per Friedrich Christian il 6 aprile del 1739; [38]
a questa prima seduta ne seguirono numerose altre, che si protrassero
a volte per giornate intere, come risulta dal diario stesso. Finora
ci erano noti solamente due ritratti del principe ad opera di questo
artista; ritratti che si differenziano l’uno dall’altro
principalmente per lo sfondo. (fig. 14, 15) Quello ufficiale, che
Friedrich Christian spedì a suo padre da Roma il 27 agosto,
si trova ora alla Gemäldegalerie Alte Meister di Dresda e rientra
in una tipologia comune a quei tempi, rappresentando un sovrano in
vesti di comandante militare davanti ad un paesaggio naturalistico.
[39] Il 26 agosto il
pittore glielo fece vedere un’ultima volta assieme ad una copia
fatta da lui stesso. Possiamo poi apprendere, da quanto scrisse il
principe stesso, che la copia del “ritratto avanti la natura”
era destinata al ministro Brühl. [40]
Finora non identificata in questa sua peculiare connessione col dipinto
che è a Dresda, essa si trova a Varsavia e si distingue dall’originale
per le misure più ridotte. [41]
Il secondo ritratto conosciuto, che come detto si distingue dal primo
per lo sfondo, era invece destinato al Grand Maître ed è
indicato da Friedrich Christian come “il secondo originale”.
[42]È degno
di nota il fatto che di questo quadro, che si trova oggi in una collezione
privata a Londra, ci era sinora ignoto il destinatario originale.
Steffi Roettgen ha giustamente messo in luce la forza dirompente della
presenza di S. Pietro e di Castel Sant’Angelo sullo sfondo di
un ritratto dell’erede al trono di Sassonia, che era rimasta,
al contrario della corte, protestante. [43] |
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fig. 14 fig.
15 |
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<16>
A questo punto dobbiamo dedicare qualche cenno biografico a questo
personaggio. Il conte Wackerbarth-Salmour, Grand Maître della
corte di Dresda, era nato nel 1685 a Torino e venne adottato da August
Christoph, conte di Wackerbarth, generale, diplomatico e governatore
di Dresda sotto Augusto il Forte, all’età di ventidue
anni quando iniziò a prestare i suoi servigi al Principe Elettore
di Sassonia. Tra il 1728 e il 1730 Wackerbarth-Salmour si trovò
a Vienna, nel 1730 con l’incarico ufficiale di ambasciatore
del Regno di Polonia presso la corte imperiale; mentre nel 1731 fu
mandato a Roma come inviato speciale della corte di Polonia presso
il Papa. Sempre nello stesso anno, tornato a Dresda, fu nominato educatore
del principe Friedrich Christian. [44]
Il conte si fece ritrarre dalla pittrice Rosalba Carriera, in un pastello
che si trova oggi alla Gemäldegalerie Alte Meister di Dresda,
ma non sappiamo in quale occasione. (fig. 16) Il ritratto mostra un
uomo ancora giovane, che in quel momento doveva sicuramente avere
meno di cinquantacinque anni, età che aveva però raggiunto
quando, nel 1740, si trovò con Friedrich Christian a Venezia.
Si potrebbe perciò supporre che il conte si fosse fatto ritrarre
dalla pittrice quando ella, nel 1730, soggiornò presso la corte
imperiale di Vienna ed egli aveva quarantacinque anni. [45] |
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fig. 16 |
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<17>
Wackerbarth-Salmour fu ritratto con un libro in mano, cosa che voleva
rendere palese il suo interesse per gli studi. Egli era infatti noto
a Dresda per la sua erudizione, per il suo interesse per le scienze
e le arti, oltre che per le sue doti di conciliatore di conflitti
confessionali; un insieme di caratteristiche che ci dà l’immagine
di un uomo aperto alle nuove tendenze dell’Illuminismo, [46]
mentre non si sapeva fino ad ora niente della sua gioventù
e della sua formazione intellettuale. Grazie alle notizie scritte
da Friedrich Christian nel 'Journal' durante il suo soggiorno a Venezia,
veniamo ora a sapere che il conte frequentò per alcuni anni
il Collegio dei Nobili, a Parma. [47]
Questo collegio, gestito dai Gesuiti, era uno dei primi d’Europa
e venne frequentato da nobili provenienti da ogni parte del continente
che in questo ambiente di carattere cosmopolita ricevette una solida
istruzione culturale e religiosa. [48]
Quando il conte, ormai cinquantenne e pieno di esperienza di vita,
prese l’incarico di educatore del giovane principe ereditario,
egli esercitò certamente un grande influsso intellettuale sul
suo allievo e, grazie alle sue precedenti attività, riuscì
a muoversi con disinvoltura sia nei circoli degli studiosi che in
quelli ecclesiastici. |
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<18>
Il quadro di Subleyras per Wackerbarth-Salmour mostra, sia la particolare
stima del principe per il suo tutore, sia l’importanza che per
lui ebbe il soggiorno a Roma, a cui dava anche il significato di una
nuova conferma della fede cattolica della corte di Sassonia e Polonia.
Il dipinto, che si presta col suo sfondo a due possibili interpretazioni,
quella politica e quella di ricordo del Grand Tour, era una novità,
rispetto al tipo di ritratto usuale prima di Pompeo Girolamo Batoni
[49]: solo Francesco
Trevisani, infatti, aveva già posto nello sfondo di alcuni
ritratti monumenti di Roma. Subleyras era particolarmente stimato
da Wackerbarth-Salmour, che scrisse al Re di avere molto apprezzato
il disegno, il portamento, la composizione ed i colori del ritratto.
[50] La perfezione
dei particolari, l’aspetto nobile e pacato del principe, la
scelta dei colori, come ad esempio il blu e il bianco del mantello,
indicano l’avvento dello stile neoclassico. Tra il pittore,
il principe e Wackerbarth si sviluppò un dialogo sull’arte:
così Wackerbarth, il 3 maggio del 1739, portò a Friedrich
Christian un quadro di Vernet che Subleyras gli aveva mandato in visione.
Il principe così si espresse in proposito: “Il quadro
è molto bello, ma ci sono debolezze nei colori”. [51]
Friedrich Christian era un buon conoscitore del mondo artistico romano,
come ci testimoniano le sue visite all’Accademia di San Luca
e all’Accademia di Francia. Egli visitò l’Accademia
di San Luca nel 1738, precisamente il 30 dicembre. In quell’occasione
si fece mostrare diversi quadri e disegni dei più stimati accademisti.
[52] In quel momento
aveva la carica di principe dell’Accademia il pittore Agostino
Masucci, il preferito da Clemente XII. Masucci era l’ultimo
discepolo del Maratta e seguiva il suo canone estetico, che prendeva
a modello Raffaello ed i Bolognesi, secondo quanto stabilito anche
nei trattati dell’Agucchi e del Bellori. L’imitazione
dei maestri era però divenuta, col tempo, sempre più
una semplice riproposizione e giustapposizione di moduli predefiniti
ed era venuta così a mancare l’invenzione propria e lo
studio della natura e dell’antichità. [53] |
|
<19>
Friedrich Christian partecipò poi, il 10 gennaio del 1739,
alla premiazione del Concorso Clementino del 1738, che si tenne in
Campidoglio e che fu resa particolarmente fastosa ad opera del prottettore
dell’Accademia, Annibale Albani, proprio a causa della presenza
del principe. Anche l’Accademia degli Arcadi, che aveva stretti
rapporti coll’Accademia di San Luca, partecipò a questa
cerimonia e in questa occasione i suoi membri ebbero modo di lodare
il principe e suo padre con numerosi sonetti ed epigrammi e con una
canzone finale. [54]
Il principe conosceva bene gli Arcadi romani, perchè li frequentava,
incontrandoli nel cosiddetto Bosco Parrasio, sul Gianicolo, e fu nominato
accademico onorario, con lo pseudonimo di Savoir de Teagene. [55]
L’Arcadia, della quale furono membri anche numerosi artisti,
ebbe un grande influsso sullo sviluppo del Neoclassicismo in letteratura.
Qui si elaborò e si iniziò ad applicare la formula della
semplicità, del buon gusto; e ad esaltare il nuovo ideale di
bellezza, reagendo agli eccessi del Barocco. [56] |
|
<20>
La visita del principe all’Accademia di Francia avvenne il 13
aprile, una settimana dopo che Subleyras aveva iniziato il suo ritratto.
Friedrich Christian fu lì particolarmente colpito dalla bellezza
delle sculture e delle copie antiche. [57]
Questa Accademia aveva preso in quel periodo il sopravvento nel mondo
artistico romano, volgendosi contro le semplici riproduzioni figurative
di maniera marattesca ed impegnandosi nello studio della natura e
dell’antichità. [58]
Proveniente da quell’ambiente, Subleyras fu un precursore del
Neoclassicismo, influenzando, dopo il 1740, pittori come Ceccarini
o l’amico Pompeo Batoni. Friedrich Christian ricevette in regalo
dal pittore francese un quadro in cui si annuncia già questo
stile nuovo, in cui si riconosce l’influsso sia di Poussin che
di Veronese: si tratta del 'Cristo dal fariseo Simone', che si trova
oggi nella Gemäldegalerie di Dresda. (fig. 17) Questo quadro
rappresenta una versione più ridotta di quello che aveva dipinto,
fra il 1735 e il 1737, per il refettorio del monastero di Santa Maria
Nuova, ad Asti, in Piemonte; oggi è al Louvre. [59]
La novità stilistica della pittura di Subleyras, che dà
già corpo all’ideale del Neoclassicismo, fu ben riconosciuta
da Wackerbarth-Salmour e Hans Moritz von Brühl. |
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fig. 17 |
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Il viaggio da Roma
a Venezia: le soste a Modena e a Verona |
<21>
Friedrich Christian partì da Roma il 14 ottobre del 1739 alla
volta di Venezia. In tale viaggio egli attraversò e soggiornò
in molte città fra le quali, per abbreviare, menzioneremo solo
Modena e Verona. Durante il suo soggiorno modenese, recentemente indagato
da Fabio Marri e Maria Lieber, fece la conoscenza di Ludovico Antonio
Muratori. [60] Inoltre
vide e descrisse con una certa cura le pitture – in particolare
quelle di Correggio – della collezione del duca Francesco III,
dal quale la corte di Sassonia dovette acquistare nel 1746 il nucleo
più importante dei cento quadri, che formano fino ad oggi la
parte più preziosa della galleria di Dresda. [61]
L’interesse antiquario e storico del principe, frutto dell’educazione
ricevuta da Wackerbarth-Salmour, ebbe modo di manifestarsi anche a
Verona, allora centro intellettuale di letterati e di studiosi dell’antichità.
Scipione Maffei, cosmopolita, poeta aristocratico e studioso universale,
era in quel periodo la persona-chiave che costituiva il tratto d’unione
tra i circoli eruditi di Roma e quelli del Veneto. Friedrich Christian
ne aveva già fatto la conoscenza all’Accademia degli
Arcadi, a Roma e ci dà notizia sul 'Journal' di diverse conversazioni
avvenute tra il Wackerbarth-Salmour e il Maffei, che avevano entrambi
frequentato il collegio dei nobili, a Parma. [62]
In quel periodo il Maffei aveva già pubblicato, nel 1732, la
sua celebre opera storica 'Verona illustrata', dedicata all’
“inclita Repubblica Veneta unica discendenza della Romana”,
corredata dalle incisioni di Andrea e Francesco Zucchi, riproducenti
disegni del Tiepolo e del Balestra. [63] |
|
<22>
Al tempo della visita del principe, Maffei stava progettando già
da un po’di costruire, di fronte al teatro Filarmonico, il suo
museo lapidario, che potè poi realizzare tra il 1744 e il 1746,
costituito da un portico di tre ali con colonne doriche che racchiude
un atrio. Qui poi egli si propose di presentare gli oggetti secondo
una classificazione storico-topografica, seguendo quindi un criterio
filologico; il che era affatto nuovo rispetto alla visione principalmente
estetica che fino ad allora si era avuta riguardo ai reperti archeologici.
[64] Accompagnato dal
Maffei stesso a visitare le cose più notevoli di Verona, Friedrich
Christian venne con certezza a contatto con queste nuove idee che
si ricollegavano alle teorie 'funzionali' del Lodoli e alla riscoperta
del gusto classico e che costituirono un terrreno propizio all’avvento
al Neoclassicismo; anche se in seguito proprio Johann Joachim Winckelmann
disse di essere rimasto abbastanza deluso dall’assetto del museo,
per la sua supposta mancanza di estetismo. [65] |
|
Il soggiorno
a Venezia |
|
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fig. 18 a fig.
18 b |
|
<23>
Il 21 dicembre 1739 Friedrich Christian giunse a Venezia, dove prese
alloggio nel palazzo Foscari, ormai dimora tradizionale della sua
famiglia. Visto le numerose conoscenze fatte già da suo padre
durante i suoi lunghi e numerosi soggiorni veneziani, tra il 1712
e il 1717, aveva tutti i presupposti per sentirsi a suo agio in questo
ambiente familiare e apprezzato da suo padre, soprattutto per i suoi
tesori artistici. [66]
Ma stranamente il 'Journal' è scarso di notizie sull’arte
di Venezia, mentre sono lunghe le liste di solenni accoglienze ricevute,
di opere e concerti ascoltati, di balli e delle numerose Messe alle
quali assistette nelle diverse chiese della città. La scarsità
di notizie a ruguardo dell’arte potrebbe spiegarsi con la pubblicazione
del ‘Forestiere illuminato’, uscito da Giambattista Albrizzi,
uno dei più famosi editori veneziani del periodo, che apparve
con una dedica al principe Friedrich Christian, datata il 28 aprile
1740. (fig. 18 a-b) Si tratta di una vera e propria guida per viaggiatori
che ebbe subito un grande successo, come ci conferma il giudizio di
Johann Caspar Goethe che si trovava in quel periodo a Venezia. [67]
Le 70 incisioni contenute in questa guida, di cui molte firmate da
Francesco Zucchi, mostrano i monumenti e le piazze più notevoli
di Venezia, ma solo due di esse ritraggono un interno: il primo interno
mostra l’abside della Cattedrale di Torcello, colla sua acquasantiera
di marmo, sostenuta da grottesche cariatidi ed un pezzo di parapetto
con un bassorilievo, allora molto stimato per la sua antichità.
(fig. 19) Tale scelta conferma il crescente interesse per la storia
dell’antichità e del Medioevo, al quale aveva contribuito
in maniera decisivo sia Scipione Maffei come anche Ludovico Muratori.
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fig. 19 |
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<24>
Il secondo interno riguarda l’Antisala della Libreria di San
Marco, il cosiddetto ‘Statuario Pubblico’, un piccolo
museo che esistette dal 1593 al 1812, che conteneva più di
duecento statue antiche, busti e rilievi greci e romani, raccolti
in gran parte dalla famiglia Grimani e donati alla Serenissima. (fig.
20) [68] L’incisione
dello Zucchi che rappresenta la parete principale del Museo si riferisce
all’inventariazione di questo museo intrapresa nel 1736 da Anton
Maria d’Alessandro Zanetti, allora Custode della Marciana e
con la tutela del Bibliotecario e Procuratore Lorenzo Tiepolo. (fig.
21) L’incisione nel ‘Forestiere Illuminato’ riporta
infatti gli oggetti nella disposizione che presentano nel primo dei
cinque fogli costituenti questo inventario, ma aggiunge una legenda
che segue una numerazione diversa. Lo Zanetti si stava allora occupando
di far disegnare i marmi dello Statuario con l’aiuto del più
anziano cugino, Anton Maria Zanetti, fu Girolamo. I due cugini avevano
da tempo concepito un ambizioso programma che prevedeva la pubblicazione
delle raffigurazioni di tutte le sculture antiche presenti a Venezia;
ma, per motivi finanziari, riuscirono a realizzarlo solo in parte
pubblicando, in un periodo di sei anni, due preziosissimi volumi,
contenenti le incisioni di cento pezzi antichi dello Statuario, che
furono dedicati al re di Danimarca e Norvegia Christian VI e pubblicati
nel 1740 e nel 1743 dall’editore Giambattista Albrizzi. [69] |
|
|
fig. 20 fig.
21 |
|
<25>
Le enormi spese sostenute dai due cugini furono loro ampiamente rimborsate
tramite una sottoscrizione. [70]
Questa è infatti la ragione delle dediche che si trovano sotto
ogni incisione. Il fatto che il numero dei sottoscrittori elencati
all’inizio dei volumi, sia molto più elevato che le dediche,
si spiega probabilmente dalla diversa consistenza dei contributi finanziari.
In queste liste troviamo, oltre a quelli degli appartenenti alla nobiltà
veneziana, i nomi di nobili, collezionisti e studiosi di tutta l’Italia
e d’Europa come ad esempio di Alessandro Albani, Neri Corsini,
Francesco Algarotti, del generale Johann Matthias von der Schulenburg,
del collezionista Joseph Smith e di “Sua Eccellenza il Sig.
Gian-Maurizio Conte di Bruhl (Hans Moritz von Brühl), Cavaliere
dell’Ordine Teutonico, Ciambellano, e Colonello di S. M. il
Re di Polonia ed Elettore di Sassonia”; e in fine il nome dell’
“Illustrissimo Sig. Klinckicht, Consigliere di S. M. il Re di
Polonia ed Elettore di Sassonia, per tre sottoscrizioni”.Tutti
e due, Brühl e il cassiere Klinckicht, facevano parte del seguito
veneziano del principe Friedrich Christian e figurano perciò
nel primo volume del 1740. Solo a Brühl, però, fu poi
dedicato il rilievo attico della seconda metà del V secolo,
raffigurante un sacrificio ad Ercole che costituisce la penultima
illustrazione del primo volume. (fig. 22) La spiegazione, corredata
da raffigurazioni di monete e di altri oggetti inerenti il soggetto
raffigurato, che accompagna e commenta ogni incisione, in questo caso
è relativa alle colonne doriche di questo rilievo perché
senza base. Lo studio di questi oggetti antichi e la loro presentazione
in quest’ opera indicano il sorgere di un interesse fortemente
estetico per l’antichità e ciò permette di considerarli
una pietra miliare nello sviluppo del Neoclassicismo a Venezia. |
|
|
fig. 22 |
|
<26>
Friedrich Christian dovette essere a conoscenza di questa impresa,
sia perchè aveva visitato il 25 febbraio, per Carnevale, lo
statuario, in occasione dello spettacolo di acrobati, intitolato ‘Forze
d’Ercole’ che egli aveva voluto guardare da un balcone
della Biblioteca; [71]
sia perché nelle liste delle persone che gli avevano fatto
visita, figura più di una volta il nome del Procuratore Lorenzo
Tiepolo. Anche il nome del grande mecenate e collezionista Feldmarschall
von der Schulenburg vi ricorre spesso, così come quello del
mediatore di oggetti d’arte Minelli. Non figurano invece i nomi
di Francesco Algarotti, che in quel momento non si trovava a Venezia,
ma che ebbe in seguito un ruolo assai importante alla corte di Dresda;
e neppure quello di Rosalba Carriera, che fece invece un bellissimo
ritratto del principe, su uno sfondo di colore neutro, contraddistinto
da una grande solennità e, al tempo stesso, da un carattere
quasi privato a causa della giacca di broccato che il principe indossa.
(fig. 23) [72] Questa,
che è simbolo dei lussuosi tessuti di seta vanto di Venezia
e che come il polsino di pizzo, fa richiamo alla tradizione di acquistare
a Venezia capi di vestiario di gran pregio durante il Grand Tour,
è indossata dal principe sopra una corazza, che, assieme al
manto di ermellino e alle onorificenze sorrette da fasce rosse e blu,
si riferiscono al suo ruolo come principe ereditario della Sassonia
e della Polonia. [73] |
|
|
fig. 23 |
|
<27>
Più di Subleyras Rosalba Carriera è riuscita con il
suo ritratto di palesare ed esprimere la gentilezza, la sensibilità
e l’intellettualità del principe. Entrambi i ritratti
ebbero in seguito un notevole influsso sulla ritrattistica giovanile
del Mengs. Friedrich Christian, di cui Albrizzi loda nella dedica
del ‘Forestiere illuminato’ “la gran mente, capace
di studj e di applicazioni, degne dell’alto grado in cui l’ha
collocata il Signore” fu di ritorno a Dresda, insieme col Wackerbarth-Salmour,
il 7 Settembre 1740, pieno di novità culturali che dovettero
poi influenzare la formazione di Mengs e gli studi di Winckelmann.
Ambedue ricondussero di nuovo queste idee a Roma, dove fondarono poi,
nella cerchia di Alessandro Albani, il Neoclassicismo. |
|
Note: |
[*] |
sto attualmente
preparando un testo più ampio in lingua tedesca sul
viaggio del principe. Del soggiorno di Friedrich Christian
a Roma, di cui parlerò nel presente saggio, ho trattato
più estesamente in un contesto diverso: Wiebke Fastenrath
Vinattieri: Die Katholische Hofkirche in Dresden. Der Bau,
die Ausstattung und die Reise des Kurprinzen Friedrich Christian
von Sachsen nach Rom (1738-40), in: Zeitschrift des Deutschen
Vereins für Kunstwissenschaft 54 / 55, 2000 / 01 (2003),
239-309. |
[1]
|
Per
il viaggio del padre di Friedrich Christian vedi Alina Zorawska
Witkowska: Esperienze musicali del principe polacco Federico
Augusto in viaggio attraverso l’Europa (1711-1719),
in: Studi Musicali XX (1991)/1, 155-173; Per il viaggio di
suo nonno Augusto il Forte vedi Katrin Keller (Hg.): "Mein
Herr befindet sich gottlob gesund und wohl." Sächsische
Prinzen auf Reisen, Leipzig 1994, 175-389 qui 348-380; Inoltre
Wiebke Fastenrath Vinattieri: Eine Kuppel für Dresden.
Baukunst zwischen Internationalität und Traditionalismus,
in: Die Dresdner Frauenkirche, Jahrbuch zu ihrer Geschichte
und zu ihrem archäologischen Wiederaufbau 6 (2000), 89-130,
qui 128-130; Per l’antica tradizione dei viaggi dei
principi di Dresda in Italia vedi Barbara Marx: Italianità
und frühneuzeitliche Hofkultur: Dresden im Kontext, in:
Barbara Marx (Hg.): Elbflorenz. Italienische Präsenz
in Dresden 16.-19. Jahrhundert, Dresden 2000, 7-36; ed eadem
Evelyn Korsch: Ein 'heimlicher Vorschlag'. Die politischen
Beziehungen zwischen Dresden und Ferrara in der Mitte des
16. Jahrhunderts, 37-64, qui 38-40. |
|
Hauptstaatsarchiv
Dresden, Hausarchiv Friedrich Christian Nr. 261, Journaux
de S.A.R.le. L’an 1732, fol. 7r, 9r, 10r e gli orari
delle lezioni del 1732 e del 1733; e L’an 1736, ad esempio
fol. 314r. In architettura Friedrich Christian fu anche istruito
dall’ Intendente generale delle costruzioni e Capo del
corpo di ingeneria Jean de Bodt. Di questa istruzione in architettura
parlerò in modo più ampio nel mio già
annunciato testo in tedesco sul viaggio di questo principe. |
[3] |
I due volumi
dei disegni del principe: Sächsische Landesbibliothek
- Staats- und Universitätbibliothek Dresden, Msc. Dresd.
J 280 e Msc. Dresd. J 11; Le opere di Preißler provenienti
dalla biblioteca del principe elettore: Sächsische Landesbibliothek-
Staats- und Universitätbibliothek Dresden, Art. plast
304, 1-3. Johann Daniel Preißler: Die durch Theorie
erfundene Practic, Oder Gründlich-verfasste Reguln deren
man sich als einer Anleitung zu berühmter Künstlere
Zeichen-Wercken bestens bedienen kan. Erster Theil. Mit Ihro
Röm. Kayserl. Majest. allergnädigstem Privilegio.
Zum Andernmahl aufgelegt, Und heraus gegeben von Johann Daniel
Preißler. Der allhiesigen Kunst – Mahler –
Accademie Director. auch bey ihme zu finden, in Nürnberg.
Anno MDCCXXVIII. – Idem: Die durch Theorie erfundene
Practic, ... Anderer Theil. … Anno MDCCXXX. –
Idem: Die durch Theorie erfundene Practic, … Dritter
und letzter Theil. Gedruckt bey Lorenz Bieling. Anno MDCCXXV. |
[4]
|
Per Preißler
vedi Wolf Eiermann: Die Gründung der Nürnberger
Zeichenschule und ihre ersten 71 Schüler im Jahre 1716,
in: Mitteilungen der Gesellschaft für Vergleichende Kunstforschung
in Wien 53 (2001)/3, 1-7. |
[5]
|
Steffi Roettgen:
Introduzione, in: Mengs. La scoperta del Neoclassico (catalogo
della mostra Padova, Fondazione Palazzo Zabarella 2001), Venezia
2001, 19-33, qui 23-24; dies.: Einführung, in: Steffi
Roettgen (Hg.): Mengs. Die Erfindung des Klassizismus (Ausstellungskatalog
Dresden, Staatliche Kunstsammlungen 2001), München 2001,
17-33, hier 23. |
[6]
|
Hauptstaatsarchiv
Dresden, Hausarchiv Friedrich Christian Nr. 261, fol. 450r-v. |
[7]
|
Hauptstaatsarchiv
Dresden, 10026 Geheimes Kabinett, Loc. 355 / 3-5, Journal
du voyage de Son Altesse Royale Monseigneur le Prince Royal
de Pologne etc. Electoral de Saxe etc. ecrit de sa propre
main; Tome I: Depuis Son depart de Dresde, jusqu’ à
Son deppart de Rome. 12 May 1738 – 13 Octobre 1739;
Tome II: Depuis Son depart de Rome, jusqu’ à
Son arrivée à Vienne. 14 Octobre 1739 –
23 Juin 1740; Tome III: Depuis Son arrivée à
Vienne, jusqu’ à Son retour à Dresde.
23 Juin 1740 - 17 Septembre 1740. Friedrich Christian usava
cartelle doppie, che furono rilegate a libro; vedi Alina Zorawska
Witkowska: Federico Cristiano in Italia. Esperienze Musicali
di un principe reale Polacco, in: Musica e storia 4 (1996),
277-323; più in generale Dinah Burkert / Andrea Frings:
Die Tagebücher des Sächsischen Kurprinzen Friedrich
Christian, in: Fabio Marri / Maria Lieber (Hg.): Die Glückseligkeit
des gemeinen Wesens: Wege der Ideen zwischen Italien und Deutschland
im Zeitalter der Aufklärung (= Italien in Geschichte
und Gegenwart 14), Frankfurt a. M. 1999, 115-122; per ulteriori
rapporti e notizie autentici di questo viaggio vedi anche
le indicazioni nelle note 8 e 23. |
[8]
|
Hauptstaatsarchiv
Dresden, Loc. 362, Journaux au Roi du voiage de S. A. R. par
l’Italie sous le nom de Comte de Lusace depuis l’année
1738 jusqu’ à l’anée 1740. Vol.
I: 1738; vol. II: 1739; vol. III: 1739–1740. Questi
volumi raccolgono tutte le brutte copie dei rapporti; I rapporti
in bella copia invece furono rilegati nel loc. 768, vol. I:
Ihrer Hoheit des Königlich.n Chur-Printzens, Herrn Friedrichs,
Reise nach Neapolis und von dar nach denen Bädern zu
Ischia betr. Ao 1738; Loc. 768, vol. II: Acta Ihrer Hoheit
[…] Rück-Reise von Neapolis nach Rom betr. Ao 1739;
Loc. 768, vol. III: Ihrer Hoheit […] Aufenthalt zu Rom
betr. Ao 1739; Loc. 769, vol. IV: Ihrer Hoheit […] Reise
von Rom nach Venedig und Dero Sejour allda betr. Ao 1739-40;
Loc. 769, Vol. V: Ihrer Hoheit […] Reise von Venedig
nach Wien, und von dar nach Dresden, betr. Ao 1740. |
[9]
|
Per il soggiorno
a Napoli vedi Burkert / Frings: Die Tagebücher des Sächsischen
Kurprinzen, 117-119; Zorawska Witkowska: Federico Cristiano
in Italia, 279-285. |
[10]
|
Journal du
voyage, Loc. 355 / 3, vol. I, fol. 110r-v. |
[11]
|
Siegfried
Seifert: Niedergang und Wiederaufstieg der katholischen Kirche
in Sachsen 1517-1773, in: Studien zur katholischen Bistums-
und Klostergeschichte 6, Leipzig 1964, 148-153; ders.: Das
Bildprogramm der Katholischen Hofkirche in Dresden, in: Ecclesia
triumphans Dresdensis (catalogo della mostra Wien 1988), Wien
1988, 9-20, qui 10. |
[12]
|
La sua visita
alla galleria degli Albani è nominata esplicitamente
nel Journal du voyage, Loc. 355 / 3, vol. 1, fol. 329 v; per
la collezione vedi Simonetta Prosperi Valenti Rodinò:
Clemente XI. Collezionista di Disegni, in: Giuseppe Cucco
(a cura di): Papa Albani e le arti a Urbino e a Roma 1700-1721,
Venezia 2001, 40-47, qui 42; Michela di Macco / Gabriella
Delfini e altri: Quaderni sul Neoclassico 5. Il Cardinale
Alessandro Albani e la sua villa. Documenti (= Pubblicazione
dell’Istituto Storia dell’Arte di Roma, diretto
da Elisa Debenedetti), Roma 1980, 23-70. |
[13] |
Il rapporto
di Wackerbarth-Salmour del 25 Dicembre 1738, loc. 768, vol.
I, fol. 869r. Vedi anche Gabriella Delfini: Il Palazzo alle
'Quattro Fontane', in: Committenze della famiglia Albani.
Note sulla Villa Albani Torlonia (= Studi sul Settecento Romano
1 / 2. Quaderni diretti da Elisa Debenedetti. Università
degli Studi – La Sapienza. Istituto di Storia dell’Arte
Medioevale e Moderna, 1985-1986), Roma 1985, 77-116, qui 78-87. |
[14] |
Journal du
voyage, Loc. 355 / 3, vol. 1, fol. 220r-v, fol. 136r e fol.
267r; vedi anche l’introduzione di Horst Schlechte,
in: Horst Schlechte (Hg.): Das geheime politische Tagebuch
des Kurprinzen Friedrich Christian 1751-1757 (= Schriftenreihe
des Staatsarchivs Dresden 13), Weimar 1992, 45. |
[15] |
Journal du
voyage, Loc. 355 / 3, vol. 1, fol. 126r; vedi anche l’introduzione
di Schlechte in: Das geheime politische Tagebuch, 45. |
[16] |
Journal du
voyage, Loc. 355 / 3, vol. I, fol. 191r, fol. 131r-v e fol.
128v-129r. |
[17] |
Journal du
voyage, Loc. 355 / 3, vol. I, fol. 135v; per De’ Rossi
vedi Anna Grelle Iusco: La Stamperia alla Pace di Giovanni
Giacomo De Rossi e dei suoi eredi: dall’Indice alla
raccolta di matrici, in: Anna Grelle Iusco (a cura di): Indice
delle Stampe De’ Rossi. Contributo alla Storia di una
Stamperia romana, Roma 1996, 23-100, qui 50-58. |
[18] |
Journal du
voyage, Loc. 355 / 3, vol. I, fol. 201r-v (Domenichino), fol.
151r (Sacchi) e vol. II, fol. 166 c (Maratta). |
[19] |
In questo caso
la corte cercava artisti e modelli per la realizzazione della
nuova chiesa cattolica di corte a Dresda che fu progettata
e iniziata durante il viaggio del principe e probabilmente
anche per il progetto di edificare una residenza nuova. Vedi
Steffi Roettgen: Hofkunst – Akademie – Kunstschule
– Werkstatt, in: Münchner Jahrbuch der bildenden
Kunst 36 (1985)/3, 131-181, qui 141-145. – Wiebke Fastenrath
Vinattieri: Die Katholische Hofkirche in Dresden. Der Bau,
die Ausstattung und die Reise des Kurprinzen Friedrich Christian
von Sachsen nach Rom (1738-40), in: Zeitschrift des Deutschen
Vereins für Kunstwissenschaft 54 / 55, 2000 / 01 (2003),
239-309, qui 271-286. |
[20] |
Journal du
voyage, Loc. 355 / 3, vol. I, fol. 141v; e Wackerbarth-Salmour,
Loc. 768, vol. I, fol. 896. |
[21] |
Journal du
voyage, Loc. 355 / 3, vol. I, fol. 152v. |
[22] |
Elisabeth Kieven:
Überlegungen zu Architektur und Ausstattung der Cappella
Corsini, in: Elisa Debenedetti (a cura di): L’architettura
da Clemente XI. a Benedetto XIV. Pluralità di tendenze,
Roma 1989, 69-91, qui 74-79. |
[23] |
Journal du
voyage, Loc. 355 / 3, vol. I, fol. 114r; Francesco Valesio:
Diario di Roma. Libro nono e libro decimo, vol. V: 1729-1736,
a cura di Gaetano Scano con collaborazione di Giuseppe Graglia,
Milano 1979, 758. Nel Libro undicesimo del diario, che riguarda
gli anni 1737-1742, si trovano notizie sul viaggio e sul soggiorno
di Friedrich Christian a Roma e in particolare notizie su
suoi rapporti con la società aristocratica: Scano /
Graglia, vol. VI, 137-271, qui da 184. |
[24] |
Journal du
voyage, Loc. 355 / 3, vol. I, fol. 203r-204r, fol. 292r-v;
e Wackerbarth-Salmour, Loc. 768, vol. II, fol. 32r. |
[25] |
Kieven: Cappella
Corsini, 73 e 84, nota 33; per Bottari in generale vedi l’articolo
di Armando Petrucci: Giovanni Gaetano Bottari, in: Dizionario
Biografico degli Italiani, vol. 13, Roma 1971, 409-417. |
[26] |
Vittorino Novara:
Il ritrovato Archivio Bracci, in: Strenna dei romanisti 53
(1992), 471-488, qui 471-472; Elisabeth Kieven / John Pinto:
Pietro Bracci and Eighteenth-Century Rome. Drawings for Architecture
and Sculpture in the Canadian Centre for Architecture and
other Collections, Pennsylvania University Press, University
Park 2001, 9-12. |
[27] |
Kieven / Pinto:
Pietro Bracci, 14-15. |
[28] |
Il cardinale
era nunzio straordinario in Polonia da Augusto il Forte, vedi
Novara: Archivio Bracci, 472, nota 5; Kurt von Domarus: Pietro
Bracci. Beiträge zur Römischen Kunstgeschichte des
XVIII. Jahrhunderts (= Zur Kunstgeschichte des Auslandes 110),
Straßburg 1915, 12-13. |
[29] |
Journal du
voyage, Loc. 355 / 3, vol. I, fol. 327r; l’incisione
si trovava originariamente nel Kupferstichkabinett di Dresda,
ma attualmente non è più reperibile, vedi Domarus:
Pietro Bracci, 22-24. |
[30] |
Journal du
voyage, Loc. 355 / 3, vol. I, fol. 119r-v. |
[31] |
Wackerbarth-Salmour,
Loc. 768, vol. II, fol. 137v. |
[32] |
Fiammetta Luly
Lemme: Cristo in Gloria con i santi Clemente e Ignazio d’Antiochia,
Roma Collezione Lemme (bozzetto), in: Giuseppe Cucco (a cura
di): Papa Albani e le arti a Urbino e a Roma 1700-1721, (catalogo
della mostra Urbino, Palazzo del Collegio 2001 e Roma, Chiesa
del Santissimo Salvatore 2001/02), Venezia 2001, 244-245,
cat. n. 84; ed eadem Maria Rosaria Valezzi: Cristo in Gloria
con i santi Clemente e Ignazio d’Antiochia, Urbino Galleria
Nazionale delle Marche (quadro eseguito), 246-247, cat. n.
85. |
[33] |
Journal du
voyage, Loc. 355 / 3, vol. I, fol. 192r; e Wackerbarth-Salmour,
Loc. 768, vol. III, rapporto del 1 Maggio 1739. – Il
quadro – così Wackerbarth Salmour – fu
offerto per l’acquisto da Alessandro Albani ad Augusto
III, il quale però non lo acquistò, fol. 244v
e 255v. – Il quadro fu ancora nominato nel Thieme-Becker
1929 nell’articolo su Francesco Mancini, dove viene
indicato che esso si trova nel Vaticano. Vorrei ringraziare
Rosanna Dipinto della Fototeca dei Musei Vaticani e i suoi
colleghi della inventariazione per le loro indagini, ma purtroppo
lì non esiste (più) nessuna notizia di questo
quadro. |
[34] |
Journal du
voyage, Loc. 355 / 3, vol. I, fol. 192r. |
[35] |
Bonita Cleri:
Sebastiano Ceccarini, Fano 1992, 74-75; Anna Fucili Bartolucci:
Pittura Devozionale e Patetismo Metastasiano: Mancini, Lazzarini,
Ceccarini, Lapis, in: Franco Battistelli (a cura di): Arte
e cultura nella provincia di Pesaro e Urbino. Dalle origini
a oggi, Venezia 1986, 449-464. |
[36] |
Roettgen: Hofkunst,
143-144. |
[37] |
Andreas Schallhorn:
Historienmalerei und Heiligsprechung. Pierre Subleyras (1699-1749)
und das Bild für den Papst im 17. und 18. Jahrhundert,
München 2000, 19-20. |
[38] |
Journal du
voyage, Loc. 355 / 3, vol. I, fol. 184r. |
[39] |
Journal du
voyage, Loc. 355 / 3, vol. I, fol. 296v. |
[40] |
Journal du
voyage, Loc. 355 / 3, vol. I, fol. 296v e fol. 321v-322r.
|
[41] |
Il quadro si
trova a Varsavia alla Fundacja im. Ciechanowieckich przy Zamku
Krolewskim w Warszawie, inv.
n. FC-ZK / 1135; vedi a proposito: Werner Schmidt / Dirk Syndram
(Hg.): Unter einer Krone: Kunst und Kultur der sächsisch-polnischen
Union (catalogo della mostra Staatliche Kunstsammlungen Dresden,
Dresdner Schloß 1997 / 98), Dresden 1997, 372, cat.
n. 736. |
[42] |
Journal du voyage,
Loc. 355 / 3, vol. I, fol. 303r e fol. 321v-322 r. |
[43] |
Roettgen: Hofkunst,
132. |
[44] |
Martin Paul:
Graf Wackerbarth-Salmour. Oberhofmeister des sächsischen
Kurprinzen Friedrich Christian (= Bibliothek der sächsischen
Geschichte und Landeskunde 4,2), Leipzig 1912, 3-9. |
[45] |
Cfr. Valentina
Ciancio: “Signore Conte Rotari, dilettante di pittura”
am Dresdner Hof. Archiv –Nachforschungen, in: Gregor
J. M. Weber: Pietro Graf Rotari in Dresden. Ein italienischer
Maler am Hof König Augusts III. (catalogo dell mostra
Dresden, Semperbau 1999 / 2000), Dresden 1999, 8; Ciancio
suppone che il ritratto sia stato fatto attorno il 1740, perciò
in occasione del soggiorno di Friedrich Christian a Venezia;
però questo significherebbe che il ritratto fu fatto
quando Wackerbarth-Salmour aveva già 55 anni, un’età
che non corrisponde bene a quella della persona ritratta.
|
[46] |
Paul: Graf
Wackerbarth-Salmour, 6-7 e 16-17. |
[47] |
Journal du
voyage, Loc. 355 / 4, vol. II, fol. 232r. |
[48] |
Gaetano Gasperoni:
Il Collegio dei Nobili di Parma. Memorie Storiche. Pubblicate
nel terzo centenario della sua fondazione (28 ottobre 1901),
Parma 1901. |
[49] |
Cfr. il quadro
di Subleyras con il quadro 'L’imperatore Joseph II e
suo fratello Leopoldo I, Granduca di Toscana' di Batoni, che
però è stato dipinto nel 1769, vedi Anthony
M. Clark: Pompeo Batoni, a Complete Catalogue of his Works,
a cura di E. Peters Bowron, Oxford 1985, 315-317, cat. n.
332, tav. 302. |
[50] |
Wackerbarth-Salmour,
Loc. 768, vol. III, fol. 501r. |
[51] |
Journal du
voyage, Loc. 355 / 3, vol. I, fol. 193r. |
[52] |
Journal du
voyage, Loc. 355 / 3, vol. I, fol. 141v. |
[53] |
Schalhorn:
Historienmalerei und Heiligsprechung, 20, 208. |
[54] |
Journal du
voyage, Loc. 355 / 3, vol. I, fol. 146v-147r; Le celebrazioni
possono essere rilette in: Delle Lodi Delle Belle Arti. Orazione,
Ecomponimenti Poetici. Detti in Campidoglio in occasione della
Festa del Concorso celebrata dall’insigne Accademia
del Disegno di San Luca l’Anno 1739. Essendo Principe
Di Essa Il signore Agostino Masucci. Alla Santità Di
Nostro Signore Clemente XII. Pontefice Massimo. In Roma Apresso
Giovanni Maria Salvioni Stampator Vaticano. M.DCC.XXXIX. |
[55] |
Journal du
voyage, Loc. 355 / 3, vol. I, fol. 125v, 146r. |
[56] |
Stefano Susinno:
Anton Raphael Mengs in Arcadia Dinia Sipilio, in: Mengs. La
scoperta del neoclassico, a cura di Steffi Roettgen (catalogo
della mostra Padova, Fondazione Palazzo Zabarella 2001), Venezia
2001, 57-69. |
[57] |
Journal du
voyage, Loc. 355 / 3, vol. I, fol. 185v; Wackerbarth-Salmour,
Loc. 768, vol. III, fol. 132r. |
[58] |
Schalhorn:
Historienmalerei und Heiligsprechung, 208. |
[59] |
Wackerbarth-Salmour,
Loc. 768, vol. III, rapporto del 11 Maggio 1739, fol. 202
r; vedi Olivier Michel / Pierre Rosenberg: Subleyras 1699-1749
(catalogo della mostra Paris, Musée de Luxembourg 1987),
Paris 1987, 203, cat. n. 35. |
[60] |
Fabio Marri
/ Maria Lieber: Lodovico Antonio Muratori und Deutschland.
Studien zur Kultur- und Geistesgeschichte der Frühaufklärung
(= Italien in Geschichte und Gegenwart 8), Frankfurt a. M.
1997, capitolo V: 'Die Widmung der Antiquitates Italicae an
August III und seine Söhne', 163-179, qui 167-169. |
[61] |
Christian Weyers:
Il viaggio a Modena (1739) del principe ereditario Federico
Cristiano di Sassonia, e i suoi rapporti con la casa Estense,
in: Corte, buon governo, pubblica felicità. Politica
e coscienza civile nel Muratori. Atti della terza giornata
di studi muratoriani (Vignola, 14 ottobre 1995), Firenze 1996,
55-70; Gregor J. M. Weber: Il nucleo pittorico estense nella
Galleria di Dresda negli anni 1746-1765. Scelta, esposizione
e ricezione dei dipinti, in: Jadranka Bentini (a cura di):
Sovrane Passioni. Le raccolte d’arte della Ducale Galleria
Estense (catalogo della mostra Modena, Galleria Estense, Palazzo
dei Musei 1998), Milano 1998, 124-137. |
[62] |
Journal du
voyage, Loc. 355 / 4, vol. II, fol. 221 a-b; Wackerbarth-Salmour,
Loc. 769, vol. IV, fol. 125v-126r; Gaetano Gasperoni: Scipione
Maffei. E Verona Settecentesca. Contributo alla storia della
cultura italiana, Verona 1955, 75-79; Giuseppe Silvestri:
Scipione Maffei. Europa del Settecento, Verona 1968, 45-46
e 53-57. |
[63] |
Scipione Maffei:
Verona Illustrata, 4 vol., Verona 1731-1732. |
[64] |
Wolfgang Liebenwein:
Die Villa Albani und die Geschichte der Kunstsammlungen, in:
Herbert Beck / Peter C. Bohl (Hg.): Forschungen zur Villa
Albani. Antike Kunst und die Epoche der Aufklärung, Berlin
1982, 463-505, qui 494-496. |
[65] |
Wackerbarth-Salmour,
Loc. 769, vol. IV, fol. 125 v-126 r; Liebenwein: Die Villa
Albani, 496. |
[66] |
Hauptstaatsarchiv
Dresden, Hausarchiv Friedrich Christian Nr. 2 a, Briefwechsel
des Kurprinzen Friedrich Christian von Sachsen mit seinem
Vater dem König August III. von Polen, fol. 181 r-v (lettera
del 11 Gennaio 1740 dal re a suo figlio in Venezia). |
[67] |
Johann Caspar
Goethe: Reise durch Italien im Jahre 1740 (Viaggio per l’Italia),
hg. von der Deutsch-Italienischen Vereinigung, Frankfurt a.
M., übersetzt und kommentiert von Albert Meier, München
1988, 386. |
[68] |
Marilyn Perry:
The Statuario Publico of the Venetian Republic, in: Saggi
e Memorie di Storia dell’arte 8 (1972), 75-150; Irene
Favaretto: Un notabilissimo ornamento: La Vita Dello Statuario
Tra XVII E XVIII Secolo, in: Irene Favaretto / Giovanna Luisa
Ravagnan (a cura di): Lo Statuario Pubblico Della Serenissima.
Due secoli di collezionismo di antichità 1596-1797,
(catalogo della mostra Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana
1997), Venezia 1997, 53-58. |
[69] |
Antonio Maria
Zanetti: Delle Antiche Statue Greche E Romane, Che Nell’Antisala
Della Libbreria di San Marco, e in altri luoghi pubblici di
Venezia si trovano. Parte Prima, In Venezia MDCCXL; Parte
Seconda, In Venezia MDCCXLIII. |
[70] |
Perry: Statuario
Publico, 86-95, 114-115; Favaretto: Notabilissimo ornamento,
56-58. |
[71] |
Wackerbarth-Salmour,
Loc. 769, vol. IV, fol. 362r-v. |
[72] |
Wackerbarth-Salmour,
Loc. 769, vol. IV, fol. 367r. |
[73] |
Vedi Antje Stannek:
Telemachs Brüder. Die höfische Bildungsreise des
17. Jahrhunderts, Frankfurt a. M. / New York 2001, 171-174. |
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Autore |
Dr. Wiebke Fastenrath Vinattieri
Via Carlo d’Angiò, 42
I-50126 Firenze
nvinatt@tin.it
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Empfohlene
Zitierweise:
Wiebke Fastenrath Vinattieri: Sulle tracce del primo Neoclassicismo.
Il viaggio del principe ereditario Friedrich Christian di Sassonia
in Italia (1738-1740), in: zeitenblicke 2 (2003), Nr. 3 [10.12.2003],
URL: <http://www.zeitenblicke.historicum.net/2003/03/fastenrath.html>
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